Quando ho occupato il Sannazaro a Napoli: poi sono passato da giacca e cravatta a battiti e capelli lunghi

Il racconto che segue è stato pubblicato con altri nel volume “Via Puccini 12 tra memoria e identità” dalla casa editrice La Valle del tempo, all’interno del concorso letterario del liceo Sannazaro di Napoli, dedicato ad eventi socialmente rilevanti per la sua storia. Quello che riporto è un vero episodio di violenza fascista (SC).
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17 novembre 1970. Santolo e io sembravamo al sicuro sul tetto della scuola quando siamo scappati dopo che la polizia aveva fatto irruzione al piano terra e non c’era altra via d’uscita. Non so perché abbiamo deciso di nasconderci, in fondo non avevamo molto da temere, abbiamo preso parte all’occupazione del liceo Sannazaro sì ma non avevamo fatto niente e in quel momento eravamo anche vicini al insegnanti al secondo piano. Il fatto è, invece, che due poliziotti sono saliti sul tetto e ci hanno preso senza troppi complimenti. Ci hanno portato giù e poi ci hanno messo dentro il cellulare (il furgone, non il cellulare, che nel 1970 non esisteva), eravamo in sette in tutto.
Fuori, nel viale intorno alla scuola, decine di studenti si sono radunati per protestare contro il raid e la nostra detenzione, lanciare monete e qualsiasi altro possibile oggetto non contundente contro la polizia.
Alla fine la polizia ha caricato gli studenti, molti lo erano manganelli, qualcuno duro e ne ha subito le conseguenze psico-fisiche per sempre. La manifestazione è stata rapidamente dispersa e così ci hanno portato alla stazione di polizia dove ci hanno identificato, interrogato e rilasciato. Noi eravamo segnalato, sette su cento, occupazione di edificio pubblico art 110-633 cp, interruzione delle lezioni al Liceo Sannazaro, per occupazione dell’Istituto, art. 110-340 da CP e uno anche da violenza contro pubblici ufficiali, Delitto certamente più grave, aver gettato lo studente, in preda all’eccitazione mentre fuggiva dai colpi, uno sgabello a rovescio senza toccare nessun altro.
La nostra storia di accusato terminò cinque anni dopo con la prescrizione del reato, ma rimase un’esperienza abbastanza traumatica. L’occupazione aveva cominciato, nell’ambito del più ampio movimento studentesco di quegli anni, a mettere in discussione l’organizzazione dei turni di studio a doppio o addirittura triplo turno, a causa del sovraffollamento derivante dalla mancanza di scuole, negli anni del boom.
L’occupazione è stata un esperimento di vita e di politica molto coinvolgente, gestita da un comitato studentesco che programma le attività all’interno della scuola, la frequenza sposta, anche di notte, le assemblee. Fino a un certo punto hanno convissuto gli studenti di destra e di sinistra, di cui ce n’erano molti all’interno della scuola, è vero prima che la dominassero, ma non dal 1968. In un regime di mutua indifferenza e tolleranza, abbiamo formato i nostri collettivi e anche loro .
Ricordo che ce n’era uno intitolato “La verità sulla Grecia” in cui abbiamo approfondito il colpo di stato del colonnelli del 1967 che aveva instaurato una dittatura fascista, mentre gli studenti di destra tenevano una delle loro insegne opposte “la vera verità sulla Grecia” in ogni caso tutto è avvenuto senza scontri fisici. Ancora oggi i fascisti dall’esterno, ma con un’intima complicità, hanno fatto irruzione nella scuola e c’è stata una rissa piuttosto violenta alla quale ho assistito da lontano senza avere il coraggio di buttarmi nella mischia.
Un attivista di sinistra tourbillon, è stato preso a calci in gola ed era molto malato. Il tutto si è concluso poche ore dopo con l’intervento della polizia che ha posto fine all’occupazione che si era protratta più di un mese. Il Preside Notaro così come il bravo tutore Napolitano della scuola, due bravissime persone, sono intervenuti a nostro favore nel processo e la loro testimonianza è stata determinante per non essere condannati.
Anni turbolenti, anni di rivolta che non erano ancora i principali che sarebbero iniziati più tardi, ma la violenza politica cominciava a diventare un fenomeno diffuso. Da una parte noi con i nostri vigilantes per la pace in Vietnam, sotto le scale di piazza Fuga, dall’altra quelli di destra che non perdevano occasione per combattere. Lentamente il vomitare, il quartiere borghese, con una forte tendenza di destra, iniziò a cambiare rotta. Pochi anni dopo è stata costruita una nuova scuola, il Lycée Classique VII al Vomero in Piazza Quattro Giorni, per far fronte al bisogno di aule, in qualche modo eravamo riusciti nell’intenzione originaria delle nostre proteste.
L’occupazione con tutto ciò che comportava è stata per me un’esperienza molto formativa. Avevo iniziato le superiori, ricordo ancora il primo giorno di scuola in palestra, accompagnato da mia madre: indossavo giacca, pantaloncini e papillon, sembravo un romanzo di fine 800 e mi ritrovai circondato da colpo E capelli lunghi, in jeans a zampa e minigonne. Non ci ho messo molto a cambiare il mio stile, adattandomi perfettamente al clima scolastico. Sono entrato nella vita piena.