Thu. Mar 30th, 2023
Matteo Messina Denaro e la condanna al carcere di "Palermo bene".  Cosa ha detto il capo

“Da qualche giorno tutto il buon Palermo ha le unghie ‘arricciate’ e nascoste“. Questa la frase, come racconta Lirio Abbate su La Repubblica, rivolta dal boss Matteo Messina Argento al medico che lo ha visitato in carcere. Chiese alla dottoressa se fosse mai stata a Palermo e alla risposta negativa aggiunse: “È una bella città di un milione di abitanti, e ti dico una cosa…”: quella dei chiodi nascosti. Un messaggio, una minaccia o una risposta all’accusa? Nei giorni scorsi il Procuratore Capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ha ricordato come “Cosa Nostra è riuscita ad entrare nelle sedi giuste dove si discute di affari, finanziamenti, appalti, dove si decidono le politiche pubbliche. Ed è entrata dal portone, rivolgendosi ai suoi interlocutori da pari a pari… La mafia ha sempre avuto rapporti strettissimi con parte della società“, sottolineando “come Messina Denaro abbia beneficiato di ampissimi consensi, non solo di una certa borghesia”. Professionisti, imprenditori, amministratori pubblici e rappresentanti delle istituzioni e indagini degli inquirenti hanno dimostrato come lo sponsor potesse contare, ad esempio, sui camici bianchi.

Continua la caccia ai sostenitori di Matteo Messina Denaro. Dopo l’arresto dei coniugi Sutler, Emanuele Bonafede e la moglie Lorena Lanceri, accusati di aver ospitato per mesi a pranzo e cena il boss ricercato e di averne protetto il latitante, sono state perquisite le abitazioni di quattro nuovi indagati: l imprenditore agricolo Gaspare Ottaviano Accardi, sua moglie, Dorotea Alfano, Leonarda Indelicato e Laura Bonafede, figlia dello storico boss mafioso di Campobello di Mazara ripreso mentre, due giorni prima della cattura, parlava con il titolare di un supermercato del paese. Per tutti, allo stato attuale, l’accusa è di complicità e istigazione alla non esecuzione della pena. L’imprenditore e sua moglie e Indelicato avrebbero incontrato più volte e per ore il boss della mafia trapanese a casa Bonafede. La presenza dei tre nell’appartamento della coppia, mentre era presente l’ex latitante, è testimoniata dalle immagini delle telecamere di sorveglianza di alcuni negozi posti nei pressi dell’abitazione dei coniugi, riprese anche dalle riprese video. Le immagini, estrapolate dai Carabinieri, hanno immortalato l’auto di Messina Denaro nei pressi della loro abitazione, il boss fermo in macchina a consegnare dei pacchi a Lanceri, che si dice fosse legato sentimentalmente a lui, e la coppia che si assicurava che lo sponsor entrasse e uscisse indisturbato verificando l’eventuale presenza della polizia in zona. I soldati hanno perquisito le case dei nuovi sospetti e Laura Bonafedemoglie del mafioso in perpetuo Salvatore Gentile, e protagonista di una lunga corrispondenza con Messina Denaro.

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Sul versante investigativo, anche il lavoro di decifrazione dei pizzini trovati dal boss e dalla sorella Rosalia, arrestati nei giorni scorsi per associazione mafiosa, non si ferma. Se certi nomi scritti sui biglietti come “Fragolone”, che era la stessa Rosalia, “Lesto”, “Diletta” e “Tram” che si riferivano alla Lanceri, “Maloverso” al marito, e “Cugino” a Laura Bonafede erano ormai decifrati, resta il mistero su chi siano”Romeno, Depry, Blu, Bagnino», l’ultimo in codice citato nella corrispondenza tra il padrino e alcuni suoi seguaci. Certe certezze sul latitante del boss mafioso, però, cominciano ad esserci. Matteo Messina Denaro viveva a Campobello di Mazara, il suo ultimo nascondiglio, almeno dal 2018. L’ex latitante ha trascorso 5 anni nel comune di Trapani a pochi chilometri da Castelvetrano, suo paese d’origine. Si evince dalle motivazioni dell’ordinanza con cui i giudici del riesame di Palermo hanno rigettato la richiesta di scarcerazione di Andrea Bonafede, geometra che ha prestato la propria identità al boss, consentendogli di avere i documenti necessari per seguire le cure mediche, per acquistare la casa in vicolo San Vito adibita a nascondiglio e per acquistare la Giulietta con la quale si trasferì. Dall’ordinanza emerge anche che il boss mafioso, ricercato da 30 anni, e che oltre a presentarsi come Andrea Bonafede ha utilizzato, come identità di copertura, il nome Francesco Salsi, guidava una moto enduro BMW. Per i giudici, Bonafede avrebbe creato “un pacchetto di assistenza a tutto campo al latitante del boss mafioso” per almeno 4 anni. E si sarebbe “messo a disposizione come pseudonimo di Messina Denaro, consentendogli libera circolazione sul territorio, acquisti per coprire latitanti e accesso alle cure”. Infine, questa mattina, durante l’udienza davanti al Tribunale di Revisione di Palermo, i legali di Rosalia Messina Denaro ne hanno chiesto la scarcerazione. I giudici si sono riservati la decisione.

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