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Guerriglia a Palermo per le “Vampe” di San Giuseppe: sassate contro agenti e vigili del fuoco, feriti per spegnere gli incendi

Azioni di guerriglia urbana una Palermo per colpa di catasta di legna ardenteacceso il giorno prima festa di san giuseppe. Abbiamo anche dovuto decollare elicottero per monitorare il territorio. Nel frattempo sono rimasti feriti due poliziotti e un vigile del fuoco lancio di pietre. Due autopompe danneggiate, con parabrezza distrutti da lancio di pietre lanciato da bambini e adulti schierati con tutti i mezzi per evitare di spegnere grandi falò. Alla fine la valutazione – solo indicativa – è stata di poco meno di 50 interventi di polizia e mezzi di soccorso. Le prime fiamme sono state accese intorno alle 13 di sabato, le ultime in piena notte. Venivano usati anche per accendere falò 180 bidoni.

Molte zone della città colpite dalla periferia, da zen A Vittoria E Bonagià A Vecchia città nei mercati come Capo E ballerò o nel quartiere Zissa. “È ovvio che il Braciere di San Giuseppe è una tradizione difficile da sradicare. Da parte nostra, abbiamo lavorato instancabilmente dall’8 marzo a ieri sera, affiancando le forze dell’ordine per avere successo prevenire situazioni pericolose per le persone e l’ambiente oltre che per le infrastrutture”, afferma l’amministratore di Rapl’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti nel capoluogo siciliano, Girolamo Caruso. Per il ferendo i due poliziotti sono indagati per lesioni e danni quattro minatori. In una sorta di delirio collettivo, c’era anche chi abbattuto le porte delScuola Paolo Borsellino Per bruciarli nei falò nel vicinato Borgo Nuovo.

Ma da dove viene la tradizione dei “fulmini di San Giuseppe”? “È impossibile datare con certezza la sua origine, perché l’uso di Accendi il fuoco riconciliare il volontà dei santi è un fenomeno che risale alla preistoria. La presenza di incendi nel centro storico di Palermo è certamente attestata dall’Ottocento, come riporta Giuseppe Pitre“, dice l’antropologo Ignazio Buttittaintervistato dall’agenzia Maneggio. “Il rito prevede che i bambini dell’unità locale di appartenenza, ma anche gli adulti, gli uomini nelle fasi più impegnative del processo rituale (costruzione di pali, Accendi il fuoco…), le donne come donatrici di oggetti domestici inutilizzati da utilizzare per la combustione, sono impegnati nella preparazione dei falò”, continua il professore universitario.

“Nelle grandi superfici scelte per preparare il fuoco, possiamo identificare tre spazi specifici: lo spazio di raccolta di legname (in particolare gestito da bambini), il luogo di accensione del fuoco e lo spazio esterno (spazio del volo dove incursioni per rubare legna altri gruppi)”, ricordano Nar Bernardi E Orietta Sorgi che ha svolto ricerche per gli archivi delle tradizioni popolari siciliane. La rappresentazione folcloristica prevede, spiega Buttitta, che “la sera del 18 marzo i fuochi divampano ovunque nei quartieri popolari: la luce e il calore emanati dalle fiamme sono al centro dei primi apprezzamenti che si mescolano alle pianti di bambini. Le invocazioni al Santo sono ancora molto diffuse. Intorno al fuoco le persone più povere del quartiere sono raggruppate insieme e in casi molto rari il pane (ricevuto in dono l’anno precedente da coloro che avevano fatto voto a San Giuseppe) tra le fiamme”.

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