
“Figli di coppie omoparentali? Diritti negati. Il giudice che deve pronunciarsi sulla revoca delle iscrizioni può derogare alla Cassazione”
La strada per i diritti delle coppie omosessuali è lastricata dalle sentenze della Consulta che, negli anni, hanno permesso di progredire nei principi di uguaglianza. Ma i numerosi inviti, spesso diffide della Corte Costituzionale a colmare il “vuoto” normativo sulla genitorialità di queste coppie ci sono ancora e sono diventati come una voragine dopo la condanna, a sezioni unite della Cassazione del 30 dicembre, che ha respinto il ricorso di una coppia di padri, con un figlio nato in Canada, che ne chiedevano l’iscrizione nello stato civile. Così, a Milano, la Procura della Repubblica, su richiesta della Prefettura, ha chiesto la revoca di quattro immatricolazioni per tre coppie di madri e una coppia di padri i cui ricorsi saranno esaminati all’inizio di maggio dalla Giunta sezione tutela del Tribunale di Milano. “Mi sembra una situazione dal punto di vista costituzionale intollerabile” Lui dice Marilisa D’Amico, Professore Ordinario di Diritto Costituzionale e Giustizia Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano e Prorettore con delega alla Legalità, Trasparenza e Pari Diritti. Giurista protagonista poco prima della Consulta di numerose cause sulla fecondazione medicalmente assistita che modificarono la Legge 40 e, prima dell’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili in Italia nel 2016, sempre portavoce davanti ai giudici della Consulta de la necessità di avere una legge che ha riempito il vuoto normativo sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e sulle unioni tra persone dello stesso sesso. Senza dimenticare la difesa di questi diritti davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ed è per questo che i suoi consigli molto tecnici offrono speranza a questi interlocutori:La cassazione ha una funzione di orientamento ma non è vangelo, un giudice può deviare“.
Il professor Cassazione si è pronunciato su una coppia di papà indicando la via all’adozione citando una frase della Costituzione
È qualcosa di diverso dalla trascrizione dell’atto di nascita all’anagrafe. Perché con l’adozione si parla di un iter lungo, che prevede una serie di controlli, in cui il padre o la madre devono adottare e questo significa già fare un distinguo. La sentenza 33 del 2021, bellissima, ha detto che un vuoto normativo non è più tollerabile. Un monito fortissimo al legislatore che, come in passato su queste materie, come nel 2010, è rimasto lettera morta. E il vero problema è questo. Dopodiché la Cassazione sembra fare una distinzione tra coppie omosessuali maschili che devono ricorrere alla maternità surrogata – che in Italia è vietata – e coppie femminili che ricorrono alla fecondazione eterologa, anch’essa vietata ma non da un penale.
Ma i quattro casi di licenziamento da parte della Procura di Milano riguardano tre coppie composte da madri e una da padri
Non c’è stata distinzione da parte della Procura della Repubblica che tratta tutti i casi allo stesso modo. Una sorta di principio di uguaglianza nella discriminazione. Si tratta di situazioni diverse a causa del divieto di maternità surrogata in Italia, anche se identiche dal punto di vista dei figli. Personalmente ritengo che si debba invece applicare il principio che la Consulta ha affermato nel 2014, ovvero che non è possibile in linea di principio limitare il diritto riproduttivo: è un diritto fondamentale ed è uno dei bisogni, dei diritti più profondi per una persona , che può essere limitata solo se esiste un altro diritto costituzionalmente allo stesso livello che giustifichi la limitazione. Quale sarebbe il diritto costituzionale leso dall’esistenza dei bambini e delle famiglie? Al momento abbiamo bambini che sono già nati, che sono già arrivati in Italia e si vuole limitare un fortissimo diritto inalienabile, che in Italia non è praticabile, proprio discriminando i bambini. Questa mi sembra una situazione intollerabile dal punto di vista costituzionale.
Mi hai parlato di dolori in quasi 10 anni con vari avvertimenti e tanti principi consacrati, ma alla fine nulla si è mosso e probabilmente in questo periodo storico sarà ancora più difficile per lui muoversi.
Una cosa infatti è stata fatta ed è la legge Cirinnà. Non dobbiamo dimenticare: in questo caso il governo si è fidato della legge ed è stato un passo molto importante. Davanti alla legge le coppie erano obbligate ad andare davanti ai giudici, perché non avevano diritti: io sono andato a difendere questi diritti davanti alla Corte Costituzionale nel 2010 e davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2015. In questo caso la Cedu ha condannato l’Italia con pagine dure sull’inerzia del legislatore italiano. La legge Cirinnà equipara i diritti delle coppie ma non riesce a superare il tabù della filiazione, tanto che alla fine nella vita quotidiana di queste coppie omoparentali subiscono forti discriminazioni: è stato riconosciuto un diritto ma è stata mantenuta una differenza inaccettabile.
Qual è il suo pensiero?
Da costituzionalista, penso che i diritti non dovrebbero essere affermati lentamente, se c’è un diritto leso, dovrebbe essere riconosciuto nella sua interezza, non in piccoli pezzi. Adesso qualcuno deve decidere, ma in Italia da tempo abbiamo una politica ideologica e per il momento fermamente contraria al riconoscimento di questi diritti. Bisognerà combattere battaglie politiche e non solo giudiziarie. I giudici ci sono, ma come si vede possono anche dire cose in parte giuste o in parte sbagliate. Dal 2016 non si è fatto nulla. Per scoraggiare la gestazione ad altri, si colpiscono le generazioni future: è incomprensibile. La forza delle cose dimostra che i diritti vanno riconosciuti. Proprio come quando Rosa Park sedeva sull’autobus nella parte di sé fino ad allora proibita negli anni 50. Questa è la forza delle cose. Qui sono tante le coppie che vanno all’estero e fanno un bambino: tra l’altro in questi Paesi la gestazione per gli altri, come negli Stati Uniti, è regolamentata. Ovviamente è importante che non ci siano donne sfruttate e bisogna stare attenti, soprattutto nei paesi dove la condizione delle donne è delicata. In Italia, invece, questi bambini vengono attaccati e anche il comune che ha effettuato le trascrizioni ne risente.
Ma potrebbe esserci un atto di disobbedienza civile da parte del sindaco di Milano Sala?
Non lo so, il sindaco è l’impiegato. Il sindaco ha detto che avrebbe smesso, ma la battaglia politica continua. E questa scelta è rispettosa dei limiti del suo ruolo e delle sue competenze.
All’inizio di maggio ci saranno le udienze durante le quali verranno discusse le dimissioni, in tal caso la Consulta può essere nuovamente interrogata?
Forse è possibile una nuova questione di legittimità costituzionale. Dobbiamo studiarlo. Con il nostro gruppo abbiamo difeso diverse coppie e tornare in tribunale potrebbe forse essere un percorso obbligato. Parallelamente potrebbe essere utilizzata anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, sebbene si tratti di uno strumento più lungo e vincolante solo in alcuni casi. Spesso non è più di uno persuasione moraleche si verifica anche dopo molti anni.
Ma a maggio il giudice della sezione tutela poteva non tener conto della cassazione?
Sì, può discostarsene perché secondo i nostri principi costituzionali i giudici si distinguono tra loro solo per la diversità delle funzioni e il giudice è solo soggetto alla legge. Pertanto, può farlo il giudice che ritenga, nell’interpretazione della legge e della Costituzione, di adottare una diversa decisione. La Cassazione non è gerarchicamente superiore, il giudice è soggetto alla legge e alla Costituzione come dice l’articolo 101. Ed è successo in passato; i giovani magistrati degli anni ’60 si ribellarono alla cassazione.
Quindi un giudice può dire che la cassazione ha sbagliato e che c’è un diritto leso da difendere?
Sì, la Cassazione ha una funzione indicativa ma le sue sentenze non sono vincolanti, anche se in molti casi diventano un riferimento per i giudici di merito.
Possiamo dire che c’è speranza per questa coppia?
Sì, è speranza rispetto alla Costituzione e rispetto alla forza dei diritti violati. Perché quando c’è un’ingiustizia, quando c’è un diritto negato, anche lì c’è una forza contro la quale c’è la speranza che il diritto venga riconosciuto. E speriamo che accada anche in questo caso.
A Milano in passato ci sono stati atti di coraggio…
o era in consiglio comunale quando è stato redatto il registro delle unioni civili con Giuliano Pisapia ed è stato uno dei momenti più belli della mia vita. E sul fatto che un Comune, anche dal basso, possa dare un segnale, avere diritti riconosciuti e fare da precursore, ci credo fortemente.